Legumi biologici
Mentre l’agricoltura integrata e l’agricoltura convenzionale presuppongono il ricorso alla chimica tramite fitofarmaci di sintesi, diserbanti e fertilizzanti al fine di rimediare a trascuratezza ed errori commessi dal produttore, la produzione biologica si basa su metodi agronomici che consentono alle colture di svilupparsi in condizioni ambientali ottimali, evitando la comparsa di problemi sanitari o nutrizionali. La coltivazione dei legumi biologici si fonda, in primo luogo, sul rispetto delle caratteristiche del clima (umidità, temperatura, piovosità, eccetera) e del terreno (ricchezza di sostanze nutritive, acidità, profondità e tessitura). Il terreno migliore è un terreno franco, con un pH il cui valore sia compreso tra 6.5 e 7.5, contraddistinto da un ottimo drenaggio. Per quel che riguarda la temperatura migliore di germinazione, essa si aggira tra i venti e i ventinove gradi, con minimo termico di germinazione a dieci gradi e massimo termico a trentacinque. Bisogna evitare, in questo settore, il ristoppio, tenendo conto che tra due cicli successivi deve intercorrere un intervallo di tre anni. Il rischio derivante da una successione eccessivamente stretta, infatti, va individuato nello scadimento della qualità, ma anche della quantità, della produzione.
I legumi biologici, per altro, svolgono un ruolo fondamentale anche per le verdure che vengono successivamente seminate in quel terreno nell’ambito della rotazione, grazie alla loro capacità di fornire azoto al terreno: azoto che sarà messo a disposizione nella successiva coltura. Dal punto di vista della gestione del terreno, è bene evitare la formazione di avvallamenti e di ristagni idrici, agevolando un veloce sgrondo delle acqua tramite una rete scolante efficiente. La profondità dell’aratura non dovrebbe superare i quaranta centimetri: l’aratura, per altro, dovrebbe essere effettuata, idealmente, nei mesi estivi che precedono l’impianto. L’aratura, se eccessivamente profonda, rischia di causare una perdita di sostanze organiche, dovuta alla mineralizzazione: di conseguenza, si verifica un’alterazione della struttura del terreno e della sua capacità di fornire elementi nutrienti alle colture successive nel periodo medio e lungo. Per questo stesso motivo, in presenza di colture intercalari la lavorazione può fermarsi a venticinque centimetri. Un discorso a parte merita la fertilizzazione dei legumi biologici, che richiede la messa in atto di una tecnica razionalizzata: sia per favorire un livello di fertilità adeguato, sia per impedire la comparsa di squilibri nutrizionali nei confronti di una coltura invece che di un’altra. Gli equilibri, per altro, sono assicurati dalle sostanze organiche con potere tampone elevato. Per migliorare il loro contenuto, si ricorre al sovescio e alla letamazione.
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Nel caso in cui i legumi biologici vengano coltivati dopo dei cereali, potrebbe esserci bisogno di distribuire un fertilizzante organico (residui di macellazione o pollina) di pronto effetto, subito prima della semina, così da fornire al terreno una cinquantina di chilogrammi di azoto per ettaro. A proposito della densità di semina, essa può essere individuata in una distanza di cinque o sei centimetri sulla stessa fila, e in una quarantina di centimetri tra una fila e l’altra. Bisogna, comunque, tenere conto che essa incide sulle condizioni del microclima, e in ultima analisi sulla sensibilità delle piante di legumi a problematiche abiotiche. Resta il fatto che impianti eccessivamente radi o eccessivamente fitti sono ugualmente dannosi, poiché possono creare scompensi alla gestione della coltura dal punto di vista della fertilizzazione o della protezione da parassiti e malerbe. Il ciclo colturale di farro biologico, fagioli biologici, lenticchie biologiche eccetera dura solitamente due mesi. L’utilizzo di veli di polipropilene nelle strutture più precoci consente di ridurre il rischio di gelate tardive, anche se, d’altra parte, contribuisce ad aumentare l’impegno per evitare l’assalto delle infestanti.
Risulta evidente, infatti, come nelle coltivazioni biologiche il rischio di malerbe e infestanti risulti molto più alto che nelle coltivazioni che fanno riferimento a diserbanti chimici. Un controllo efficace può essere affiancato alla cosiddetta falsa semina, efficace azione preventiva valida quanto il pirodiserbo. Nella coltura di questo tipo di piante si può realizzare un ottimale controllo delle malerbe mediante una sarchiatura effettuata circa due settimane dopo l’emergenza, con una zappatura tra le file. La scelta degli strumenti da impiegare è assolutamente fondamentale per ottenere un controllo perfetto: è bene non ricorrere, in presenza di malerbe come la portulaca che possono riprodursi con velocità, a strumenti rotanti come le frese. Nettamente migliori si rivelano, invece, i sarchiatori classici. Infine, l’irrigazione dei legumi biologici prevede volumi diversi a seconda delle caratteristiche del terreno, alla ricchezza di sostanze organiche, all’andamento climatico, alla fase fenologica e alla tessitura del substrato: risulta impossibile, pertanto, fornire dati universali.
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