Pachypodium
I pachypodium sono piante succulente diffuse in natura in Africa meridionale (solo 5 specie) e in Madagascar (circa una ventina di specie); il loro nome deriva dal greco, pachys significa grosso, e podos significa piede, a indicare la particolare conformazione di tutti i pachypodium. Infatti danno origine a arbusti di varia misura, o anche piccoli alberi, caratterizzati da un
fusto succulento, con particolare forma allargata alla base, quasi a forma di bottiglia, scarsamente ramificati. All’apice dei rami si sviluppano numerose grandi foglie coriacee, semi sempreverdi, di forma ovale, leggermente arruffate, di colore verde brillante, lucide; gli esemplari coltivati in piena terra, nelle zone di origine, producono in estate grandi infiorescenze apicali, costituite da grandi fiori tubolari, con corolla suddivisa in cinque lobi, di colore bianco, giallo, arancio o rosso, a seconda della specie; difficilmente le piante coltivate in vaso in appartamento riescono a fiorire, a meno che non le si possa coltivare in serra fredda o si viva in una zona molto calda in inverno. I
pachypodium appartengono alla stessa famiglia degli oleandri o delle plumerie, e la loro parentela con queste piante si nota soprattutto dai fiori, molto appariscenti.
Tutti i pachypodium sono originari di zone desertiche o semidesertiche, e sono particolarmente adattati al clima arido e caldo; questo adattamento si nota benissimo dal fusto carnoso e succulento, dalla presenza di spine acuminate sul fusto di alcune specie, dall’epidermide del fusto che può praticare la fotosintesi clorofilliana, visto che le foglie sono molto esigue rispetto alla dimensione della pianta. Oltre a questo
il fogliame del pachypodium, non essendo strettamente necessario alla vita della pianta, è presente solo quando le condizioni climatiche lo permettono, quindi è normale che in casi di temperature eccessive, che favoriscono la traspirazione, o di prolungati periodi di siccità, il pachypodium perda tutte o gran parte delle foglie.
La specie comunemente più diffusa tra i coltivatori amatoriali, in vaso, è in genere il pachypodium lamerei, specie con grosse spine sul fusto, poco ramificato, con grandi foglie e fioritura di colore bianco.
Queste piante sono perfettamente adattate alla vita in luoghi a clima arido e secco, quindi dal punto di vista umidità stanno benissimo in appartamento, anche se chi ha deciso di metterne uno in salotto tende a scordarsi di annaffiarlo, infatti questi arbusti possono sopportare periodi anche di mesi senza annaffiature, attuando tutti i mezzi che hanno a disposizione per sopravvivere nonostante la mancanza di acqua, anche nell’aria. Anzi, capita spesso che questo tipo di piante sia soggetta a malattie fungine, causate da eccessi di annaffiature, acqua stagnante o terriccio poco drenante.§
Si coltivano infatti in vasi di dimensioni abbastanza contenute, visto che non producono un apparato radicale ampio o profondo; il terreno migliore per coltivare i pachypodium simula quello presente in natura, quindi è costituito da terriccio universale, mescolato con una buona quantità di lapillo, o pietra pomice o pozzolana, e sabbia, in modo da ottenere un substrato molto poroso e permeabile.
Non è necessario rinvasare questa pianta ogni anno, soprattutto quando si tratta di un esemplare di molti anni; il rinvaso si effettua a fine inverno, ogni 3-4 anni, ponendo la pianta in un contenitore leggermente più grande del precedente.
In casa i pachypodium si tengono in una posizione luminosa, anche con sole diretto, ma lontano da fonti di calore quali termosifoni o caminetti; amano un aria asciutta come quella presenta in casa, e necessitano di temperature minime invernali superiori ai 10-12°C.
Durante la bella stagione possono venire posti all’aperto, in luogo soleggiato; ricordiamo però che se la pianta è stata per tutto l’inverno in una posizione poco soleggiata; è bene spostarla alla luce gradualmente, partendo da una posizione semi-ombreggiata.
Le annaffiature si forniscono soltanto quando il terriccio è ben asciutto, quindi sporadicamente o per nulla nei mesi freddi, e più regolarmente nei mesi caldi, quando la pianta è all’aperto; nel periodo estivo può essere necessario annaffiare la pianta anche ogni 2-3 giorni, purché il terriccio abbia il tempo di asciugare bene tra due annaffiature.
Da aprile a settembre sciogliamo nell’acqua delle annaffiature un concime per piante succulente, ogni 15-20 giorni.
IL PACHYPODIUM IN BREVE |
Nome comune | Pachypodium lamerei |
Famiglia e nome latino | Apocynaceae, 20 specie |
Tipo di pianta | Arbusti o alberi |
Colore delle foglie | Verde medio, lucide |
Fogliame | caduco |
Altezza da adulta | Anche più di 10 metri; raramente più di 2 in vaso |
Coltivazione | Mediamente impegnativa |
Esposizione | Pieno sole; molto luminosa |
Terreno | Fresco, ma drenante (40% di sabbia di fiume grossolana, 40% di terriccio di foglie e 20% di argilla) |
pH | Da neutro ad acido |
Necessità idrica | Media |
Crescita | lenta |
Resistenza al freddo | Poco rustica (fino a 15°C) |
Propagazione | Semina, innesto, talea |
Coltivazione | Da appartamento, da veranda o in vaso all’aperto |
Utilizzo | utilizzo |
- Un paio di anni fa ho comprato la pianta di cui vi mando un link per la visualizzazione:https://www.dropbox.com/s/nllbmdwrmfxbozc/IMG_0587.JPGhttps://www.dropbox.com/s/aw25uefwa5pmird/IMG_0589...
Il genere è molto polimorfo: annovera specie caratterizzate da steli molto ramificati, ma anche vivaci di piccole dimensioni e piante a stelo unico, alte fino a 6 metri.
Fanno parte della famiglia delle Apocynaceae (come l’oleandro) e con questo condividono la capacità di immagazzinare una grande quantità di acqua e di chiudere gli stomi in caso di siccità per evitare l’eccessiva traspirazione.
Il Pachypodium lamerei, il più diffuso in coltivazione, è originario del Madagascar meridionale dove forma ampie foreste in purezza o con altre essenze. Predilige suoli e climi molto secchi; è caratterizzato da un “tronco” (in realtà è uno stelo) verde-grigio, molto spinoso. In natura può arrivare a superare i 10 metri di altezza con un dimetro di circa 50 cm. In cima vi sono ciuffi di foglie, lanceolate e lucide, e/o ampie ramificazioni. La fioritura ad inizio stagione e in coltivazione è molto rare. I fiori sono bianchi e profumati, simili a quelli del frangipane.
Il lattice contenuto negli steli è molto ricco di alcaloidi e non deve mai entrare a contatto con la pelle o le mucose: potrebbe causare gravi dermatiti. In commercio si trova anche la forma “cristata”, in realtà derivante da una alterazione genetica detta “fasciazione”.
I pachypodium provengono da una parte del Madagascar semi arida, quindi non da un deserto, come ad esempio può essere il Sahara; il clima in questi luoghi, rispetto all'Italia, è sicuramente più caldo, senza gelate o temperature rigide.
Le precipitazioni sono scarse, e generalmente più probabili in particolari periodi dell’anno; potremmo paragonare la quantità di piogge a quella che si può riscontrare in alcune zone della Sardegna.
Questo non significa che i pachypodium in natura non ricevono mai acqua, anzi, nei periodi piovosi possono venire interessati da acquazzoni o comunque da precipitazioni che bagnano bene il terreno, mentre nelle altre stagioni dell’anno ricevono pochissima acqua.
Le spine presenti sul
pachypodium lamerei sono appositamente sviluppate per poter permettere alla maggior quantità di rugiada di condensare su di esse, per cadere ai piedi del fusto, annaffiando la pianta.
In zone semidesertiche, caratterizzate da forti escursioni termiche, l’acqua ottenuta in questo modo può essere una buona quantità ogni giorno.
Quindi, il fatto che le piante succulente immagazzinino l’acqua che ricevono, non significa che possiamo lasciarle all’asciutto per svariati mesi; semplicemente si tratta di piante ben adattate alla siccità, che necessitano di annaffiature solo quando il terreno è ben asciutto, e che temono terreni eccessivamente compatti, che si saturano di acqua.
IL CALENDARIO DEL PACHYPODIUM |
Riposo vegetativo (irrigazioni leggere) | Ottobre-marzo |
Crescita vegetativa(irrigazioni frequenti) | Marzo-ottobre |
Semina | Luglio-agosto |
Perdita foglie | Ottobre |
Fioritura | Marzo (rara) |
Rinvaso | Novembre-gennaio (ogni due anni) |
Per mantenere in salute il nostro pachypodium è estremamente importante rispettare le sue necessità climatiche e di esposizione. Nei paesi di origine cresce sempre in ambienti aperti e molto luminosi: è ciò che dovremo cercare di riprodurre il più fedelmente possibile. Durante i mesi invernali l’ideale è porre il vaso nei pressi di una finestra esposta a Sud o comunque in un ambiente molto luminoso (perfette sono le verande). La mancanza di luce non è causa di danni duraturi, ma rallenta molto il metabolismo e la pianta necessiterà di più tempo, in primavera, per tornare a crescere.
All’arrivo della bella stagione è consigliato lo spostamento all’esterno, anche in pieno sole. Se non disponiamo di un giardino andrà bene anche un balcone o un terrazzo ben esposti.
Il pachypodium è una pianta di origine tropicale e non sopporta assolutamente le basse temperature. Si sconsiglia di tenerlo in ambienti dove il termometro non scenda mai sotto i 15°C: i primi segni di sofferenza saranno il veloce deperimento delle foglie e la loro caduta. Non sempre i danni da freddo risultano rimediabili.
È chiaro quindi che nella nostra penisola è molto difficile la coltura in piena terra: si può provare in località estremamente meridionali o se si dispone di ampie serre riscaldate (come negli orti botanici). In alternativa possiamo optare per la crescita in contenitore, che risulta gradita.
Il caldo raramente è un problema: sopporta agevolmente anche i 40°C, a patto che la zona risulti sempre aperta e molto ben arieggiata, senza un eccessivo ristagno di umidità.
Il cambiamento di terreno e il rinvaso vanno effettuati durante il periodo di dormienza, vale a dire in linea generale da novembre a fine gennaio. Operiamo sempre con delicatezza per non danneggiare le sottili radici.
Di solito crescono discretamente nei substrati appositi per cactacee, ma per ottenere risultati ottimali è bene ottenere noi stessi una mistura:
uniamo 40% di sabbia di fiume grossolana, 40% di terriccio di foglie e 20% di argilla. Se vogliamo migliorare ulteriormente il drenaggio aggiungiamo un po’ di perlite.
Importantissimo è creare sul fondo del contenitore uno spesso strato con dell’argilla espansa e accertarsi che l’acqua fuoriesca agevolmente. La specie brevicaule (abbastanza diffusa in coltivazione) necessita di un substrato specifico composto da sabbia, perlite, pezzetti di quarzo e torba bionda.
L’irrigazione deve seguire il naturale ciclo di sviluppo della pianta. Nel nostro emisfero il risveglio vegetativo comincia nel mese di marzo; in questo periodo in teoria dovrebbe avvenire la fioritura, è molto rara però in coltivazione, specialmente se le piante sono cresciute in vaso. Appena le giornate cominciano ad allungarsi dovremo esporre il più possibile l’esemplare alla luce e cominciare ad irrigare più abbondantemente: il substrato non dovrà mai asciugarsi completamente.
Allo stesso tempo è estremamente importante
evitare i ristagni idrici (causa dell’insorgere di marciumi radicali): l’uso dei sottovasi è quindi assolutamente sconsigliato.
L’idratazione ideale si ottiene mediante irrigazioni leggere, ma frequenti e regolari.
L’arrivo della brutta stagione causerà la caduta delle foglie e l’ingresso in riposo vegetativo: riduciamo drasticamente l’apporto idrico accertandoci solo di tanto in tanto che il terriccio non si asciughi completamente. In generale è sufficiente intervenire con leggerezza ogni 15 giorni.
Sono piante abbastanza resistenti sotto questo punto di vista: i problemi più frequenti derivano da una coltura errata, in particolare dagli eccessi nelle irrigazioni.
Se notiamo un colore più scuro sul tronco, macchie sulle foglie e un deperimento diffuso è bene estrarre immediatamente l’apparato radicale e controllarlo. Eliminiamo le parti che risultino marce o danneggiate, spargiamo un ormone radicante e inseriamo in un nuovo substrato. È buona regola sia per la prevenzione sia per la cura distribuire almeno una volta alla settimana un fungicida per via radicale.
Altri nemici frequenti sono le cocciniglie, da combattersi con insetticidi sistemici e olio minerale.
Il metodi più comuni di propagazione sono la semina e l’innesto (su P. lamerei); la talea riesce raramente, specialmente se non si possono garantire temperatura e umidità costanti.
SeminaI semi si possono reperire presso rivenditori specializzati in internet. Acquistiamoli in estate in maniera che risultino appena raccolti e la germinabilità si sia mantenuta alta.
Il substrato ideale è composto da 35% di sabbia fine, 35% di sabbia grossolana, 10% di compost, 10% di vermiculite e 10% di perlite. Spargiamo i semi e copriamoli con mezzo centimetro di composta: vaporizziamo e manteniamo temperature prossime ai 30°C. La germinazione avviene in circa 1 mese e potremo porre in vasetti singoli già uno o due mesi dopo.
Le specie più diffuse in coltivazione sono la lamerei e la brevicaule. Segnaliamo quelle più interessanti.
Pachypodium brevicauleProviene dagli altipiani centrali del Madagascar, tra i 1000 e i 2000 metri di altitudine, su terreni vulcanici a reazione acida. È un arbusto prostrato che raggiunge al massimo 25 cm di altezza e si espande fino a 40 cm di diametro. Il tronco è dotato di piccole spine. Le foglie sono lunghe fino a 3 cm, nastriformi. A fine inverno produce infiorescenze gialle portate su un corto peduncolo. Nella bella stagione gradisce temperature intorno ai 30 gradi; in inverno è più tollerante rispetto ad altri visto che sopporta anche 8°C, specialmente se l’ambiente è secco.
Pachypodium geayiVive su substrati sabbiosi, quasi a livello del mare, in ambienti molto secchi del Madagascar. Ha il tipico tronco a bottiglia, ricoperto da una patina bluastra, che in cima si ramifica; le spine sono tantissime, a gruppi di tre. Le foglie sono nastriformi, molto lunghe. Molto bello, ma molto delicato.
Pachypodium decaryiOriginario delle montagne e degli altipiani del Madagascar. Può crescere fino a 12 metri; è un arbusto composto da diversi tronchi carnosi, grigiastri e dotati di piccole spine. Le foglie sono ovali e lucide. Produce abbondanti gruppi di fiori, larghi fino a 12 cm. Il loro profumo è molto intenso. La coltivazione, in serre apposite, è molto semplice e dà grandi soddisfazioni.
Pachypodium saundersiiOriginario del Sudafrica, del Mozambico e dello Zimbabwe dove cresce all’interno di foreste, su rocce e in ambienti secchi. Forma un arbusto alto fino a 1, 30 cm dal portamento compatto e arrotondato, fino ad 1 metro di diametro. Le foglie sono lanceolate, grigiastre. Produce bei fiori bianchi con sfumature lilla, dall’aspetto ceroso.
Cresce molto velocemente ed è particolarmente apprezzato per l’allevamento come bonsai.
Pachypodium rosulatumOriginario della maggior parte del Madagascar, in special modo delle roccaglie e dei crepacci del massiccio d’Isalo. Cresce fino ad un metro di altezza, ma occupa circa 2 metri di diametro. Ha molte ramificazioni carnose e spinose. In cima reca foglie lanceolate lucide. All’inizio del ciclo vegetativo produce mazzi di fiori gialli.
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