Il canto delle vergini
Della convalle figlio,
bello del tuo candor,
fra tutti i fiori, o giglio,
tu mi parli al cor.
La tua gentil fragranza
non ricusarmi in don,
abbella tu la stanza
dove solinga io son.
Né fia chi toglier osi
al tuo leggiadro stel
i calici dolorosi
che ti compose il ciel.
Per me di limpid'onda
nutrito in sul mattin,
la tua materna sponda
non obliasti alfin?
Ahi! Tolto ai tuoi compagni
rapito al patrio suol,
tu forse ancor ti lagni
esule meco e sol.
Pace; il tuo duol consola;
hai fato al mio simìl:
anch'io deserta e sola
fui nel mio primo april!
Da una segreta cura
pùnto il mio cor languì:
non più serena e pura
è l'alba del mio dì.
Parmi che anch'io rapita
fossi da un altro suol,
ché un tempo alla mia vita
splendè più chiaro il sol.
Or qui cercando invano
un refrigerio io vò;
parmi che sia lontano
chi consolar mi può.
Pace;il tuo duol consola;
hai fato al mio simil:
anch'io deserta e sola
fui nel mio primo april.
Deh! che mi giova un core
che niuno intender sa?
A te che giova, o fiore
la tua gentil beltà?
Fragile è il dono, o giglio,
ch'a entrambi Iddio fidò:
ad un girar di ciglio
svanir per sempre ei può.
Ma fra l'eterna schiera
angelo alcun non v'è
che da più ria bufera
te custodisca a me?
Quant'è che vive e spira
ha in sua tutela il ciel:
l'uomo per lui respira,
verde è per lui lo stel.
Iddio de' suoi tesori
largo ai suoi figli ognor
la mia virtù ristori,
conforti il tuo vigor,
e noi concordi a Lui
vorrem tributo offrir:
tu dei profumi tui,
ed io de' miei sospir.
F. DALL'ONGARO
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