Dammi, o rosa , la porpora
onde sulla tua spina
tinge i tuoi cento petali
la rorida mattina;
Dammi, o bel fior, la morbida
testura di tue foglie,
dammi la molle ambrosia
che nel tuo sen s'accoglie:
I doni onde sì prodiga
la man di Dio ti veste,
bastano appena a pingere
la tua beltà celeste;
qual armonia dell'intime
fibre, e del core amante,
di sconosciute grazie
la cinse in quell'istante!
Ah! Se dal volto l'anima
argomentarne ne lice,
allor per un fuggevole
momento era felice.
Nuotare in dolce lacrima
la sua pupilla, e il labro
e la gota virginea
tingea molle cinabro;
sparse le chiome, aureola
pareano farle al viso
raggiante d'un angelico,
ineffabile riso.
Bella così d'insolita
beltà, bella d'amore,
anche a' miei sguardi incognita
parea, ma non al core .
Tal non apparve al tenero
riso materno un giorno,
non tra la luce e 'l fervere
d'allegra danza intorno;
Non quando in lieve e placido
sonno talor sopita
sognò presaga il gaudio
della seconda vita:
sol così bella un occhio
mortal la vide: il mio;
e la vedranno gli angeli
nel dì che torni a Dio.
Oh, Giulia! Se placabile
fosse la sorte, e a un puro
voto dell'alma arridere
volesse Iddio; tel giuro,
non chiederei che immobile
starmi al tuo lato, e solo
poter vederti immemore
d'ogni sofferto duolo.
Io che ti vidi piangere
sovente, e piansi teco,
e i miei lamenti furono
dei tuoi lamenti un eco.
Io ti implorai dal rigido
destino un'ora almeno
che della gioia il palpito
ti risvegliasse in seno:
ora che l'ottenni, e furono
compiuti i voti miei,
beato io son dell'estasi
onde beata sei.
Dormi d'amore il placido
sonno, e la fronte posa
sopra di sparsi petali
della disciolta Rosa!
Dormi, e se questa rapida
gioia scontar tu devi ,
del pondo inevitabile
il ciel me solo aggrevi.
Che un solo de' tuoi gemiti
io ti risparmia al fine:
tuoi dalla Rosa i teneri
effluvi e mie le spine!
Francesco Dall'Ongaro
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