estratti alcolici
Tra le tecniche per ricavare i principi attivi dalle piante officinali, l’estrazione alcolica è la più diffusa e utilizzata. Si ottiene tramite un processo di lavorazione molto complesso e lungo.
L’estratto prende il nome dal tipo di solvente che viene utilizzato per produrlo, l’alcol. Oltre a questo tipo di estratto ne esistono anche di altri tipi, in particolare l’estratto idroalcolico, ottenuto con acqua e alcol mischiati in diversa percentuale e l’estratto idroglicerinato. In quest’ultimo caso, al posto dell’alcol etilico, il processo di macerazione avviene con la glicerina vegetale. Mentre l’estratto alcolico non richiede aggiunte per la conservazione, gli altri tipi di estratti, per essere mantenuti integri devono essere trattati con processi di pastorizzazione o conservati con altri componenti naturali o sintetici.
La materia prima dalla quale si parte, per ottenere la formulazione liquida, è la pianta erbacea, che per essere utilizzata deve essere stata in precedenza essiccata. Solo quando la cosiddetta “droga” è priva di acqua, può essere lavorata per estrarre i principi attivi in essa contenuti. La presenza di acqua, infatti, comprometterebbe il processo di lavorazione.
Alla droga viene in seguito aggiunto l’alcol, che fa da solvente, in diversa gradazione, dipende dalla combinazione di acqua e alcol che compongono il composto. Quando la percentuale di alcol etilico si assesta intorno ai sessanta o settanta gradi si parla di estratti idroalcolici, con una percentuale maggiore si parla di un estratto alcolico puro.
Le percentuali sono stabilite a priori e variano da pianta a pianta a seconda del tipo di estrazione che si vuole ottenere, così come è diverso il tipo di macerazione e la quantità di droga da utilizzare. Di solito il rapporto tra estratto e droga è di uno a uno, in altre parole il prodotto finale ottenuto dalla filtrazione dovrebbe avere lo stesso peso della droga erbacea utilizzata prima del procedimento. Dall’estratto fluido, successivamente, si può ricavare anche l’estratto secco. Questo composto si ottiene attraverso una tecnica di evaporazione che restituisce una polvere finissima, che rappresenta il fitocomplesso finale. La macerazione rappresenta il metodo di estrazione più tradizionale, ma ne esistono altri, come la pressione e gli ultrasuoni, quest’ultima è tra le tecniche di estrazione quella più veloce, ma allo stesso tempo più aggressiva.
La miscela da macerare si può ottenere o da una singola pianta o da un mix di droghe diverse. Dipende dal tipo di prodotto finale che si vuole ottenere. Nel primo caso l’estratto conterrà un unico fitocomplesso, nel secondo un insieme di principi attivi appositamente messi insieme per essere efficaci e potenti, lavorando insieme in modo sinergico.
A livello industriale esistono macchinari per regolare il processo di lavorazione. La misurazione della temperatura della miscela è una parte essenziale del processo di macerazione perché l’alcol è particolarmente sensibile al calore e una temperatura che oscilla, fa cambiare anche la densità del prodotto. Il calore esterno deve essere costante così come l’agitazione del composto. Solo in questo modo avviene quella che gli esperti definiscono “estrazione dolce”. Successivamente si passa alla spillatura, che separa l’estratto dalla droga.
Per ottenere un prodotto finale pulito, il passo successivo è la filtrazione, che avviene mediante dei filtri che trattengono le eventuali impurità fuoriuscite durante la spillatura. Si tratta di un metodo rapido e sicuro, ma allo stesso tempo rende il prodotto finale meno ricco di sostanze attive, che possono essere anche bloccate dai filtri. Un metodo di filtraggio che preserva maggiormente le virtù e le caratteristiche delle erbe è la decantazione, che però richiede tempi di lavorazione più lunghi. Il prodotto viene lasciato stagionare, facendo in modo che le parti pesanti e impure cadano sul fondo e poi successivamente imbottigliato.
La conservazione deve avvenire in contenitori scuri, possibilmente di vetro per non essere alterati dalla luce del sole.
Se si hanno conoscenze erboristiche di base e le materie prime a disposizione è possibile estrarre in principi attivi delle droghe anche a casa. La potenza degli estratti non è paragonabile ai trattamenti industriali, ma con alcune accortezze soprattutto in fase di conservazione si possono ottenere estratti per realizzare in casa cosmetici e preparati artigianali. Stabilito il rapporto quantitativo tra droga e alcol si passa alla macerazione che deve avvenire in un luogo buio. Dopo un primo lasso di tempo di una settimana si aggiunge al composto acqua e glicerina in parti uguali e si lascia la droga macerare per altre due o tre settimane. Infine si deve filtrare il prodotto usando della carta da cucina o delle garze, meglio se la fase di filtraggio viene ripetuta due volte. La conservazione di questo genere di estratti non è molto lunga, infatti andrebbero usati solo nel breve periodo, assicurandosi sempre che i contenitori nei quali vengono messi siano puliti e privi di residui di acqua.
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Gli estratti alcolici sono importanti perché non è sempre possibile ottenere i principi attivi delle piante attraverso la semplice immersione in acqua, come avviene per i decotti e gli infusi.
L’estratto alcolico trova diverse forme di utilizzo non solo come prodotto finale subito pronto da utilizzare, ma anche come componente in altri preparati. L’estratto prodotto con la macerazione è migliore perché mantiene pressoché inalterate i principi attivi contenuti nelle piante. Il fitocomplesso ricavato attraverso l’alcol rende il prodotto finale molto potente e curativo. Bisogna però tener conto che parte della forza della pianta si perde durante l’essicazione con la riduzione dell’acqua e con la perdita delle componenti volatili. Tuttavia è particolarmente raro trovare in commercio degli estratti alcolici vuoti, privi di principi attivi.
Conoscendo le proprietà della pianta dalla quale si intende estrarre i principi attivi si può capire meglio a quale utilizzo sarà più adatto l’estratto. Se la pianta ha proprietà curative potrà essere utilizzata in preparati fitoterapici, non solo per uso interno come sciroppi e pastiglie, ma anche esterno in creme e unguenti.
Tra le varie tecniche di preparazione degli estratti erbacei, quello alcolico è il più forte dal punto di vista della concentrazione e anche quello che si conserva meglio.
Dal momento che la percentuale di alcol nel prodotto finale è minima, questi estratti sono particolarmente indicati per produrre sciroppi e preparati farmaceutici. Sono le organizzazioni farmaceutiche mondiali a stabilire, a livello industriale, le proporzioni alcoliche.
L’alcol etilico, tra i metodi estrattivi, è quello che permette di ottenere sia la componente lipofila e quella idrofila del fitocomplesso della pianta. Conservandosi naturalmente da solo, l’alcol non ha bisogno di sostanze chimiche e artificiali per conservare gli estratti.
Tuttavia rispetto all’estrazione analcolica è più forte e quindi poco adatta a chi è sensibile. Un altro difetto riguarda l’universalità del procedimento. L’estrazione alcolica non è adatta per quelle piante particolarmente ricche di acqua, che perderebbero i loro attivi durante l’essicazione e la macerazione. Per questo motivo esistono anche tecniche alternative di estrazione che prevedono l’utilizzo di droghe fresche, lavorate in modo da non alterare la componente interna.
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