Malva comune - Malva
Appartiene alla famiglia delle Malvacee. È più nota come Malva Sylvestris. Le caratteristiche morfologiche di questa pianta sono molto varie, ma facili da individuare. Ha le foglie larghe, dentellate, rotonde, suddivise in sette lobi.
Può presentare diversi steli fioriti: quello più importante assume una consistenza legnosa. In cima agli steli troviamo, disposti in gruppi irregolari, i caratteristici fiori di color mauve (infatti il nome dalla pianta è attinto dalla lingua francese): ci sono tutte le tonalità che vanno dal rosa al violetto, mutanti anche durante la fioritura.
Alla base, i cinque petali assumono una colorazione molto scura rispetto alla sommità. I numerosi stami sono riuniti in una specie di "colonnetta", dal centro della quale, quando è avvenuta la caduta del polline, i dieci stimmi si aprono in avanti e occupano la stessa posizione che prima occupavano le antere.
L'impollinazione tramite gli insetti è facilitata dalla forma: c'è uno notevole spargimento di polline nelle piante visitate.
Dopo la caduta dei petali, c'è una formazione caratteristica contenenti i semi. È molto curiosa: alcuni erboristi l'hanno definita la "ciambellina del campo"!
La malva comune, o malva sylvestris è conosciuta fin dall’antichità per le sue virtù medicinali. Le prime testimonianze del suo utilizzo ci vengono dai Greci e dai Romani: ne raccoglievano le foglie più tenere e ne sfruttavano le virtù lassative. Più tardi divenne indispensabile negli orti dei conventi visto che, in purezza o in associazione ad altre erbe, era usata per preparazioni medicinali atte a curare la stitichezza, le infiammazioni del cavo orale, delle alte vie respiratorie e dell’apparato urinario.
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Tutte le parti della malva trovano un impiego anche se quelle di uso più comune sono senz’altro le foglie giovani e i fiori. Dalle radici veniva una volta estratto un medicamento utile per alleviare il dolore alle gengive (soprattutto nei lattanti).
I più interessanti sono i flavonoidi, i tannini e gli antociani (con un importante ruolo antiossidante). Le proprietà lassative sono invece legate alla grande quantità di mucillagini, capaci di arrivare all’intestino e facilitare il transito.
L’uso più comune è quello interno. Se ne ricavano tisane e decotti da assumere con regolarità.
Sono consigliate per tossi secche, mal di gola, afte della bocca, bronchiti, laringiti e raffreddori. Sono inoltre un toccasana per la stitichezza.
Bisogna far bollire un litro di acqua e lasciarlo riposare per circa 5 minuti. A quel punto aggiungeremo due cucchiai di foglie e fiori freschi oppure un cucchiaio di essiccati. Aspettiamo 5 minuti. L’ideale è non filtrare e bere tiepido.
Contro le affezioni dell’apparato respiratorio e le irritazioni intestinali è possibile associare la malva ad altre erbe quali l’althea, il tasso barbasso, la tossilaggine, l’ antennaria dioica e la violetta odorosa.
Per gli usi esterni è bene ottenere un estratto più concentrato: si utilizza frequentemente il decotto.
In un litro di acqua fredda si mettono quattro cucchiai di foglie e fiori freschi (o due di prodotto essiccato). Portiamo lentamente ad ebollizione e facciamo cuocere per circa 20 minuti. Lasciamo raffreddare e poi filtriamo accuratamente.
Il prodotto ottenuto può essere bevuto, ma trova anche altre applicazioni; è usato principalmente come calmante delle irritazioni cutanee e delle mucose. Nel primo caso dovremo imbevere un dischetto di cotone e lasciare agire sulla zona per almeno 30 minuti.
È utile anche per alleviare le congiuntiviti e le piccole piaghe.
Per le affezioni del cavo orale (afte, gengiviti) effettuiamo sciacqui più volte al giorno, tenendo il liquido in bocca per almeno 30 secondi. In ambito cosmetico può essere impiegata al posto di un tonico per la pelle, specialmente per le persone affette da couperose.
Il succo fresco delle foglie è utilissimo per alleviare il dolore e il prurito derivanti dalle punture di insetto.
Molto utile può anche essere fare un cataplasma. Si usa nei casi di dolori muscolari o alle articolazioni, per alleviare infiammazioni e per favorire la scomparsa di ematomi.
Si procede facendo sobbollire per un minuto quattro cucchiai di foglie e fiori essiccati in poca acqua. Si si avvolgono in un pezzo di stoffa pulito e si aspetta che la temperatura scenda intorno ai 50°C. Si applica direttamente sulla parte dolorante lasciando agire almeno 20 minuti.
Se facciamo un ampio uso di questa erba medicinale possiamo decidere di coltivarla nel nostro orto (o anche semplicemente sul balcone). È una pianta poco esigente, vegeterà con grande facilità dandoci la possibilità di avere accesso ai suoi benefici in qualsiasi momento.
La semina può avvenire in autunno inoltrato o in primavera, sia in piena terra sia in vasi. Il substrato ideale si ottiene mescolando terra di campo e terriccio universale in ugual misura. Manteniamo umido in un luogo ombreggiato fino a quando non avverrà la germinazione. In seguito spostiamo in una zona ben soleggiata e irrighiamo quando la terra risulti asciutta in profondità.
In genere è resistente ai parassiti: bisogna solo temere la ruggine che la colpisce nelle foglie basali.
Si consiglia di aspettare almeno la metà di maggio prima di cominciare la raccolta. Preleviamo le foglie più giovani e sane e i fiori, possibilmente la mattina presto.
Possiamo ugualmente raccogliere interi steli da conservare poi qualche giorno in acqua.
Bisogna però ricordare che i principi attivi presenti si degradano facilmente ed è quindi consigliabile usare le foglie, e soprattutto i fiori, nel più breve tempo possibile.
Una breve conservazione si può effettuare in frigorifero, avvolgendo in un panno umido.
In previsione dell’inverno è invece bene ricorrere all’essicazione: appendiamo gli steli in una camera fresca, arieggiata e ombreggiata fino a quando non risultino completamente asciutti.
Stacchiamo poi fiori e foglie e poniamoli in un barattolo a chiusura ermetica da tenere in un luogo scuro e fresco.
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