Moria del pero
La moria del pero è causata da un organismo unicellulare geneticamente correlato con i fitoplasmi che causano gli scopazzi del melo e i giallumi delle drupacee. Questo fitoplasma si insedia nei tubi floematici infettando anche il corpo delle psille, ovvero degli insetti che vivono sulle foglie e sui germogli del pero. L'attività del fitoplasma risulta nociva perché fa ristagnare le sostanze elaborate nelle foglie e ne impedisce il trasferimento alle radici: ciò causa la degenerazione dei tessuti vitali ed il progressivo disseccamento della pianta. Attraverso le psille avviene la contaminazione delle altre piante: in questo modo, la malattia viene trasmessa all'intero frutteto e può provocare la morte di migliaia di alberi, come è accaduto in Trentino Alto Adige negli anni Quaranta del Novecento. In quell'occasione, il fitoplasma della malattia causò la morte di 50.000 alberi di pero. Oltre alle varie specie di Pyrus, la moria può colpire anche altri arbusti, come il cotogno e il nashi.
Questa patologia compare soprattutto nella stagione autunnale, manifestandosi attraverso tre sindromi differenti: deperimento rapido, deperimento lento e arricciamento fogliare. Nel deperimento rapido si verifica un appassimento delle foglie e dei frutti a distanza di pochi giorni dalla comparsa dei primi sintomi: le parti disseccate restano attaccate alla pianta che muore rapidamente. Il deperimento lento si manifesta con un arrossamento delle foglie al quale seguono germogli, fiori e frutti scarsi e di piccole dimensioni: le radici e i rami seccano lentamente fino alla morte dell'albero. Nell'arricciamento fogliare, il fogliame cambia progressivamente aspetto: le foglie, infatti, si arrossano e si avvolgono su sé stesse. Questa ultima variante della sindrome può risolversi con la definitiva guarigione o aprire la strada a forme più gravi della malattia.
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La moria del pero si rivela attraverso una sintomatologia precisa che riguarda prevalentemente il colore e la morfologia delle foglie. L'attacco del fitoplasma ostacola l'assorbimento e la veicolazione delle sostanze nutritive nelle varie parti della pianta, che vanno quindi incontro ad un processo di disseccamento e morte precoce: il primo sintomo, a tal proposito, è rappresentato dall'arrossamento della lamina fogliare, che tende progressivamente ad arrotolarsi e ad accartocciarsi fino a seccare del tutto. Se sull'albero sono presenti frutti, questi avvizziscono nell'arco di pochi giorni, pur rimanendo attaccati al ramo. In primavera, l'albero di pero colpito da moria sviluppa una vegetazione molto debole, con fogliame e germogli radi e stentati. Il decorso spesso fulminante della malattia, che può uccidere la pianta a distanza di qualche settimana dalla comparsa dei primi sintomi, rende necessaria l'adozione di strategie tempestive e mirate.
Per combattere la malattia, una delle strategie più efficaci consiste nel contenimento delle psille: questi insetti fitofagi, infatti, sono il primo veicolo di trasmissione della malattia. La prima misura precauzionale da adottare per evitare la proliferazione dei fitoplasmi è quindi la drastica riduzione dei fitofagi, ottenibile attraverso l'utilizzo di prodotti a base di azadiractina oppure con il ricorso ad insetti antagonisti (come gli anticoridi). Per prevenire la moria si rivelano di grande utilità le potature di sfoltimento, che hanno l'effetto di arieggiare la pianta evitando i ristagni di umidità che favoriscono la comparsa dei parassiti. Un trattamento con concimi a base di azoto può aiutare la pianta a rafforzare le sue difese ed a superare più facilmente l'infezione. Le piante molto sofferenti e affette da uno stadio già molto avanzato della malattia devono essere distrutte, in modo da ridurre le sorgenti di inoculo per gli insetti vettori.
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