Amaranto
Lunga è la tradizione che considera l'amaranto una pianta sacra. Il nome amaranto deriva dal greco amarantos e cioè "che non appassisce". Di qui il significato attribuito ad esso dai Greci di pianta dell'amicizia, della stima reciproca e più in generale espressione di tutti i sentimenti veri che non dovrebbero mai cambiare con il trascorre del tempo, in quanto eterni e unici. Nella mitologia greca si narra che le Dee amassero essere festeggiate con ghirlande di amaranto; in tale contesto l'amaranto era dunque utilizzato per ottenere protezione e benevolenza. I romani attribuivano all'amaranto il potere di tenere lontana l'invidia e la sventura. Nel periodo '600-'800 l'amaranto veniva utilizzato per ornare vestiti e abiti, in quanto si pensava fosse in grado di donare benessere fisico.
L’amaranto è una pianta interessante sotto molti aspetti. Ha infatti indubbie qualità decorative grazie alle sue infiorescenze e alle sue foglie vivacemente colorate. È però tenuto in grande considerazione anche per i suoi semi, commestibili e utilizzabili in moltissimi modi. Sono molto preziosi per il contenuto in proteine e sali minerali e anche nel nostro paese vengono sempre più ricercati.
L’amaranto è una pianta erbacea annuale con altezza molto variabile. Le specie coltivate a scopo ornamentale raramente superano il metro, quelle impiegate per la produzione di semi possono invece raggiunger anche i 3 metri. Le foglie differiscono molto a seconda della specie e possono essere da ovali a lanceolate. Le infiorescenze, prodotte in estate, sono a pannicolo e di grandi dimensioni (possono superare anche 1 metro di lunghezza). Da noi generalmente sono rosso scuro, ma esistono anche varietà che le hanno verdi, gialle o con colori misti. I semi, bianchi, gialli o neri, sono molto piccoli (meno di 1 mm di diametro) e leggeri. La loro forma ricorda quella delle lenticchie, con il bordo però più schiacciato.
L’AMARANTO IN BREVE |
Nome latino | Fam. Amarantaceae, gen amaranthus |
Tipo di pianta | Erbacea annuale a foglia caduca |
Altezza/larghezza | Fino a tre metri/ fino a 80 cm |
coltura | semplice |
Fabbisogno idrico | Medio-alto |
Moltiplicazione | seme |
Rusticità | semirustico |
esposizione | Pieno sole |
utilizzo | Vaso, bordura, aiuole |
terreno | Argilloso, calcareo, ricco |
pH | Neutro, subalcalino |
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Il nome amaranto deriva dal greco e significa “immortale” o “che non appassisce”. Il fiore è infatti molto durevole sia sulla pianta sia quando viene reciso. Proprio per questo è un ottimo soggetto da utilizzare per le composizioni secche.
Da questa sua caratteristica deriva anche il suo significato nel linguaggio dei fiori: viene donato quando si augura un amore durevole e imperitura fedeltà.
L’amaranto è originario del Centro America. È stata una delle piante addomesticate più anticamente dall’uomo visto che i suoi semi sono stati ritrovati in tombe risalenti a più di 4000 anni fa.
Era tenuta in grandissima considerazione da tutte le civiltà precolombiane che avevano intuito le sue grandi potenzialità nutrizionali. Il culmine della sua coltivazione si ebbe con le civiltà maya, azteca ed inca. Veniva considerato anche un alimento curativo e impiegato all’interno di vari riti religiosi.
Gli venivano attribuite virtù rinvigorenti, afrodisiache e addirittura esoteriche. Di conseguenza divenne una pianta sacra e preziosissima, da offrire agli Dei, durante celebrazioni e all’interno delle tombe. Nelle occasioni speciali (e ancora oggi) l’amaranto veniva macinato o tostato e poi mescolato a miele di agave americana. La pasta che se ne ricavava veniva impiegata per realizzare piccole figure di animali, guerrieri o dei. Alla fine della cerimonia le figure venivano tagliate e mangiate dalle persone che vi avevano preso parte.
L’arrivo degli Spagnoli coincise con la condanna di questa coltivazione e di tutti gli usi connessi. Il suo impiego infatti appariva troppo legato ai riti pagani e si decise di soffocarlo. Ancora oggi viene impiegato poco nella cucina del Centro America, nonostante sia parte integrante di molti piatti tradizionali.
In Europa giunse verso il 1700 e fu per lungo tempo impiegato solamente per scopi ornamentali (e anche in questo caso chi voleva inserirlo in giardino veniva ostacolato a causa del pregiudizio).
Negli anni “70 alcune università americane analizzarono i semi e esaltarono le qualità nutrizionali del prodotto. Dal quel momento la coltivazione divenne più interessante, anche grazie all’adattabilità della pianta a diverse situazioni di suolo e di clima.
L’amaranto ama substrati ricchi e freschi, preferibilmente neutri o subalcalini, con una buona dotazione di calcio. È sempre importante inglobare abbondante stallatico maturo, sfarinato o in pellet. Questo, oltre ad arricchire il terreno di nutrienti, ne migliorerà la tessitura e la vitalità.
Per ottenere una crescita vigorosa e un’abbondante produzione di infiorescenze è fondamentale inserire l’amaranto in una posizione ben soleggiata, dove riceva sole diretto per almeno cinque ore al giorno. Perché la pianta non subisca danni è inoltre estremamente importante inserirla dove sia molto riparata dai venti. Le dimensioni da adulta, sia degli steli sia dei fiori, possono infatti renderla molto vulnerabile alle folate.
L’amaranto cresce ugualmente bene in vaso, a patto che sia di dimensioni medio-grandi. Il substrato ideale in questo caso è un misto in parti uguali di terriccio per piante fiorite e terra di campo argillosa e ricca. Inglobiamo comunque sempre qualche manciata di concime a lenta cessione, con buone quantità di potassio.
Nelle aiuole e nelle bordure è un ottimo compagno estivo per le cosmee, le dalie, le lavatere e l’ajuga reptans.
La semina si effettua al Nord tra aprile e maggio, al Sud si può invece procedere già alla fine di marzo, cioè quando le gelate risultino improbabili.
Si può procedere impiegando vassoi alveolari con vasetti piuttosto grandi (inserendo per ognuno tre semi) oppure direttamente a dimora in file o spaglio. Le temperature minime per la germinazione si aggirano intorno ai 15 °C.
I semi (che possiamo recuperare noi stessi) si mantengono vitali per almeno tre anni.
Avvenuta la germinazione trasferiamo a dimora (nel caso dell’uso di vassoi) oppure procediamo con il diradamento. Lasciamo solamente le piantine più vigorose rispettando una distanza di 50-80 cm una dall’altra.
Per avere una crescita rigogliosa l’amaranto necessita di irrigazioni frequenti e un terreno capace di mantenersi fresco a lungo. È quindi importante intervenire spesso, evitando che la zona vicino al piede si secchi completamente.
Le somministrazioni dovranno essere ancora più frequenti per i soggetti in vaso, soprattutto durante i periodi di forte calore. In quel caso può risultare utile l’utilizzo del sottovaso.
L’amaranto raggiunge altezze ragguardevoli. È quindi importante aiutarne la stabilità dotandolo di tutori.
Per stimolare la produzione di pannicoli fiorali è bene rimuovere il prima possibile quelli appassiti. Questo ci aiuterà anche ad evitare che la pianta diventi invasiva.
Un ulteriore aiuto per prolungare la stagione di fioritura ci viene dalle somministrazioni quindicinali di concime per piante fiorite. Per gli individui in vaso sono ideali i prodotti liquidi, per quelli in piena terra sono invece più adatti quelli granulari a lenta cessione.
È una pianta resistente ma può diventare vittima di afidi, lumache e limacce.
nome | cultivar | Fioritura | altezza | Altre caratteristiche |
Amaranthus caudatus (coda di volpe) | Generalmente rosso, ma vi sono cultivar con fiori gialli e verdi | Luglio-settembre | 1 m | Fogliame con nervature rosse.Fiori piccoli in mazzi decombenti. |
Amaranthus tricolor | | Insignificante | 1 m | Bellissimo fogliame, dal verde al rosso al giallo acceso |
Amaranthus hypochondriacus (panicolato) | | Luglio-settembre | Fino a 1.50 m | Foglie e semi edibili.Portamento eretto |
Come abbiamo detto l’amaranto è ricco di virtù ed è sempre più apprezzato da chi ama una cucina leggera e salutare. Viene inoltre apprezzato particolarmente dai vegetariani e dai vegani per la sua grande dotazione di proteine dall’alto valore biologico, difficilmente riscontrabili in altra frutta o verdura o semi.
È prima di tutto molto ricca in lisina, un amminoacido essenziale assente nella maggior parte dei cereali. Apporta inoltre fino al 13% di proteine di grande qualità.
Abbonda inoltre di calcio, ferro, magnesio, potassio, rame, manganese, selenio e fosforo. Apporta anche un buon quantitativo di lecitina, utile per il funzionamento del sistema cardio-circolatorio e per la salute delle coronarie.
I suoi grassi sono per la maggior parte insaturi, utili quindi per la lotta alle infiammazioni, per i valori del sangue e per mantenere attiva la memoria.
È di conseguenza consigliato alle persone anziane, ai bambini, alle donne incinte. Queste ultime vi trovano un valido aiuto contro l’osteoporosi, vista l’abbondante dotazione di calcio.
Prima di impiegarli vanno lavati accuratamente sotto l’acqua, utilizzando un colino in tessuto molto fitto (vista la loro dimensione).
Bisogna poi coprirli con il doppio in volume di acqua fredda e far cuocere lentamente, con un coperchio, per circa 20 minuti.
Da cotti hanno una consistenza piuttosto collosa e particolare. Si abbinano bene a verdure o mescolati a cereali o leguminose.
Può essere utilizzata per rimpiazzare fino al 25% della farina da cereali. Renderà l’impasto più morbido, umido e dolce. È un buon modo per ridurre l’impiego di zuccheri e di conseguenza l’apporto calorico dei cibi.
Come per tutti i semi la germinazione aumenta esponenzialmente le proprietà nutrizionali.
Un modo facile per ottenere questo prodotto consiste nel lavare i semi e metterli poi in un barattolo riempito fino all’orlo di acqua. Questa andrà cambiata due volte al giorno. Dopo circa 72 ore comparirà la prima radichetta. Si mantengono edibili per circa tre giorni da quel momento. Sono ottimi nelle insalate, nello yogurt, sulle verdure. L’ideale è mangiarli crudi, in maniera che mantengano tutte le loro virtù.
Preleviamole solo da piante che abbiamo coltivato personalmente e avendo la cura di non impiegare nessun tipo di fitofarmaco. Le foglie che compaiono in primavera (tra aprile e giugno) sono quelle più tenere e adatte al consumo. Possono essere impiegate crude in insalata o per accompagnare altre verdure. Possono però anche essere cotte al vapore.
I fiori invece si mangiano quando sono giovanissimi, poco dopo la loro comparsa. Si utilizzano crudi all’interno delle insalate o come decorazione nei piatti.