Pachira acquatica
Buongiorno,
mi è stata regalata nel mese di settembre una pianta di pachira aquatica. I primi tempi la pianta sembrava star bene, ma ora ha perso molte foglie e quelle nuove sono di un colore verde chiaro e nascono praticamente già avvizzite. Io abito a Roma, tengo la pianta in una stanza mediamente illuminata, ad una temperatura di 18/20 gradi. La innaffio una volta alla settimana. Ho provato ultimamente a darle il concime per piante verdi, ma senza nessun risultato. Potete aiutarmi? Mi dispiacerebbe che la pianta seccasse, perchè mi è stata regalata per il mio matrimonio da una persona a me vicina. Grazie. Il mio indirizzo e-mail è m.barilaro@isace.it.
Grazie ancora.
Maria Barilaro
Gentilissima Maria,
La ringraziamo per averci contattato in merito al quesito sulla Pachira tramite la rubrica dell’Esperto di “giardinaggio.it”.
Le facciamo come prima cosa gli auguri per il matrimonio e poi la informiamo che, attualmente, non sono reperibili molte informazioni su questo tipo di pianta.
Le Pachira, Pachira aquatica conosciuta anche come Bombax aquatica , è della famiglia delle Bombacacee (come il Baobab), che raggiunge allo stato naturale nelle zone equatoriali, elevate dimensioni, ma può essere coltivata anche in vaso.
E’ caratterizzata da ampie (30 cm) e verdi foglie composte da 5-9 foglie ovali. Produce anche profumati fiori con lunghi pistilli leggermente rosati. Produce frutti commestibili nel periodo febbraio – agosto (ma nel paese di origine messico e america centrale). E’ un albero di rapido accrescimento e raggiunge anche i 20 metri.
Va trattata come una classica pianta verde da appartamento.
Pertanto l’annaffiatura nel periodo invernale deve essere ridotta, non si devono creare ristagni di acqua e si devono fare delle nebulizzazioni fogliari, per compensare l’eccessiva secchezza dell’aria data dai termosifoni accesi.
Va posizionata in luoghi illuminati, non va a contatto diretto con i raggi solari, ma neanche in luoghi eccessivamente ombreggiati.
Le concimazioni devono essere regolari, apportando macro e microelementi per evitare ingiallimenti fogliari. Si consiglia di eseguire periodici apporti di fertilizzante anche nel periodo invernale, meglio se completi di tutti gli elementi nutrizionali.
La Pachira aquatica non è particolarmente esigente in fatto di terreno, purchè abbia un ottimo drenaggio (eviterei terricci torbosi). Predilige temperature abbastanza elevate, anche se sopporta, se mantenuta asciutta, temperature minime di 12-14°C.
Molto pericolosa risulta la combinazione di ristagno di acqua con temperature basse che causa l’ingiallimento e la caduta prematura delle foglie.
I rinvasi vanno fatti ogni 2-3 anni.
In estate si può posizionare all'esterno, in posizioni luminose ma non troppo soleggiate (l'ideale è una zona esposta ad est dove batte il sole al mattino);
Distinti saluti.
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La Pachira è una pianta che se trova le condizioni adatte è in grado di crescere abbastanza rapidamente. Quando una pianta d'appartamento cresce rapidamente può darsi che in breve tempo possa necessitare di più spazio e di terreno nuovo...in pratica di un rinvaso. Vediamo un attimo come si effettua il rinvaso della pachira e quali sono gli accorgimenti da tenere in quest'importante operazione colturale.
Per prima cosa ricordiamo quali sono le esigenze della Pachira in termini di terreno. Questa pianta non richiede terreni particolari per crescere in maniera corretta ed un substrato neutro va benissimo a patto che non ci sia ristagno idrico. Questa pianta infatti soffre il ristagno idrico in maniera importante e per questo ha bisogno di un terreno che dreni in maniera rapida.
Per il rinvaso è meglio sempre procurarsi del terriccio universale al quale andremo ad aggiungere della sabbia e della torba in quantità simili. L'importante, come detto precedentemente, è evitare che terreni argillosi e dal forte ristagno idrico o che comunque trattengono troppo l'acqua.
La Pachira aquatica è un albero tropicale proveniente dalle regioni umide e delle paludi in particolare del Messico e del Nord del Brasile. Nelle zone di origine è anche soprannominato Castagno della Guyana o noce di Malabar.
Il nome Pachira proviene probabilmente dal creolo e si riferisce ad un animale che si nutre principalmente dei suoi frutti.
Appartiene alla famiglia delle Bombaceae e per questo è geneticamente vicina ai baobab.
Si tratta di un albero dal fusto ingrossato che può raggiungere, nel suo habitat naturale, anche i 18 metri di altezza. Come pianta d’appartamento, invece, può raggiungere al massimo i 3 metri. La sua corteccia è liscia e di color verde.
Come per gli altri appartenenti alla sua famiglia il tronco ha la tendenza ad assumere la forma di una bottiglia, cioè essere rigonfio nella parte bassa e più sottile nella parte alta. I fusti inizialmente sono molto flessibili e per questo possono venire intrecciati.
Le foglie sono palmate e di un bel verde brillante. Il diametro di ognuna misura circa 30 cm e sono strutturalmente composte da 5 a 9 fogliole di forma ellittica.
Da dicembre a marzo produce fiori molto appariscenti e profumati il cui diametro misura circa 20 cm. I petali sono lunghi e lanceolati e si aprono come delle bucce di banana per mostrare, infine, gli stami giallo-aranciati o bianchi con le estremità rosse.
I frutti compaiono da febbraio e giugno. Hanno la stessa forma delle fave di cacao, raggiungono i 30 cm di lunghezza e circa 12 di larghezza, carnosi e inizialmente di color verde. Col tempo lignificano contenendo poi dei semi rotondi e commestibili.
Le specie di
pachira più conosciute sono: la pachira acquatica, la pachira glabra e la pachira insignis. Soltanto la prima è conosciuta e coltivata come pianta d’appartamento.
La coltivazione della Pachira non è per nulla difficile se si rispettano alcune regole generali. Teniamo presente che il benessere della pianta è assicurato se si riesce a riprodurre un ambiente il più possibile simile a quello di origine. In particolare per la pachira stiamo parlando di foreste pluviali substropicali. Quindi le temperature non dovranno mai essere troppo alte né basse, l’umidità ambientale invece dovrà essere sempre piuttosto elevata. L’illuminazione dovrà rispecchiare quella del sottobosco, perciò intensa, ma mai troppo diretta.
In quasi tutta Italia la pachira può essere considerata esclusivamente una pianta d’appartamento. Le temperature infatti non devono preferibilmente scendere sotto i 10°C. In realtà è in grado di sopportare temperature anche più basse (di solito fino a 0°C): perderà però certamente le foglie e faticando per un certo periodo prima di riprendersi.
In inverno vanno tenute in casa, possibilmente in un locale non troppo riscaldato con temperature dai 12 ai 15°C.
Durante l’estate, invece, sopportano anche i 30°C a condizione di essere ben posizionate e di essere in ambiente con alta umidità atmosferica.
In alcune regioni della nostra penisola (come la Sicilia, il Sud della Sardegna e altre isole poste ancora più a meridione) è possibile coltivarla all’esterno, anche in piena terra.
La pachira necessita di un’esposizione molto luminosa, ma non deve essere sottoposta alla luce diretta, specialmente durante i mesi estivi. Questa potrebbe causare forti scottature fogliari irrimediabili fino alla nascita di nuova vegetazione e quindi al rinnovo totale della chioma.
In casa può essere posizionata nelle vicinanze di una grande finestra. Di solito la luce diretta delle prime e ultime ore del giorno non causa problemi. Dalle 11 alle 17, invece, è bene che sia filtrata da tende di colore chiaro.
Durante la bella stagione è preferibile, se possibile, posizionare la pianta all’esterno. Infatti, per crescere al meglio, la pachira necessita di una buona e abbondante circolazione d’aria. Un ambiente con aria stagnante può causare crittogame, attacchi di parassiti e crescita rallentata.
Possiamo quindi posizionarla su di una terrazza oppure direttamente in giardino. L’ideale è che sia riparata sotto ad alberi dalla foglia caduca. In questa maniera la luce non sarà troppo intensa, ma neanche esageratamente affievolita.
Se non abbiamo questa possibilità possiamo creare un piccolo riparo con delle sottili stuoie di canne.
Durante il periodo vegetativo la pachira richiede interventi frequenti. Il substrato, infatti, deve risultare sempre umido (ma comunque mai pregno d’acqua).
Vista la sua provenienza dalle foreste pluviali è senza dubbio consigliabile utilizzare acqua poco o per nulla mineralizzata. Questa potrebbe, con il tempo, essere causa di formazione di microcristalli sulle radici e ridurre in maniera drastica la loro capacità di assorbire nutrienti dal substrato.
Ideale è l’acqua piovana: evitiamo però quella caduta nelle prime ore dopo una lunga siccità. Spesso infatti risulta pesantemente compromessa dallo smog presente nell’aria.
Altrettanto bene va l’acqua derivante dai deumidificatori e dai condizionatori. Diversamente possiamo utilizzare quella adatta ai ferri da stiro.
In inverno, col periodo di riposo, le irrigazioni possono essere dilazionate: interveniamo soltanto per evitare il terreno si secchi del tutto.
Molto importante per la salute della pianta è l’umidità presente nell’aria.
La pachira è in grado di sopportare anche temperature molto alte (al di sopra dei 30 gradi) a patto che l’aria sia pregna di vapore acqueo.
È quindi fondamentale che, in appartamento o all’aperto, ci impegniamo sotto questo punto di vista.
Una maniera semplice per incentivare l’umidità è porre sotto al contenitore un sottovaso pieno di argilla espansa o biglie di vetro. In questo dovrà sempre essere presente dell’acqua che, evaporando, creerà il giusto habitat. Badiamo soltanto che le radici non vengano mai a contatto con il liquido perché questo potrebbe causare dei marciumi.
Se teniamo la pianta all’esterno, oltre a questo accorgimento, possiamo anche intervenire più volte al giorno bagnando abbondantemente il terreno o il lastricato intorno al vaso. L’evaporazione farà il resto.
L’ambiente ideale può anche essere favorito dalla giustapposizione di un gran numero di piante.
La pachira sotto questo punto di vista non è molto esigente. Sono adatti praticamente tutti i terricci per piante verdi che si possono trovare in commercio. In linea generale sottolineiamo che bisogna evitare i substrati troppo compatti e argillosi che comprometterebbero lo sgrondo delle acque e potrebbero dare il via a marciumi dell’apparato ipogeo.
Il vaso ideale è costituito da un buon strato drenante sul fondo, composto da ghiaia o argilla espansa. Il terriccio invece deve essere indicativamente prodotto unendo 1/3 di terriccio umificato, 1/3 di torba e 1/3 di materiale drenante quale sabbia o perlite.
Le pachire hanno una crescita piuttosto veloce. Conseguentemente il rinvaso deve essere effettuato indicativamente una volta all’anno, preferibilmente alla fine dell’inverno. Questa operazione, oltre che per sostituire la terra e ampliare lo spazio a disposizione della pianta, è utile per controllare lo stato delle radici. Queste vanno ridotte e si deve effettuare una bonifica delle parti eventualmente compromesse da marciumi.
In ogni caso è consigliabile effettuare poi qualche trattamento con foseti-alluminio o propamocarb.
La concimazione va effettuata durante il periodo vegetativo intervenendo circa una volta al mese. Sono adatti tutti i concimi liquidi per piante verdi, possibilmente ben bilanciato.
La pachira non necessita di potature. Interveniamo solo per eliminare le foglie vecchie o compromesse da parassiti o eventuali scottature.
Se vogliamo ottenere nuove piantine di pachira possiamo scegliere se procedere tramite talea o tramite semina.
Illustreremo la procedura della talea visto che dà risultati più rapidi e certi oltre a non essere soggetta alla variabilità genetica. Inoltre da noi i semi sono difficilmente reperibili perché la pianta raramente riesce a fruttificare.
Si procede in primavera prelevando una porzione di fusto in corrispondenza di un nodo. Il segmento prelevato deve essere lungo almeno 10-15 cm e essere caratterizzato dalla presenza di come minimo due nodi.
Spolveriamo la parte con un prodotto radicante e inseriamo la parte in profondità un composto di torba e sabbia (o, meglio ancora, torba e agriperlite). Manteniamo il substrato sempre umido (inserendo anche nell’acqua di irrigazione un blando anticrittogamico) e teniamo il contenitore in un ambiente con circa 20°C e ombroso. La radicazione avviene piuttosto velocemente (di solito non necessita di più di un mese).
Una volta che vi compaiono i primi germogli possiamo esporre le talee ad una luce più intensa. Verso la fine dell’estate potremo spostarle in vasetti singoli con substrato adatto a piante adulte.
Si tratta in generale di piante piuttosto sane.
I parassiti più comuni sono
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Le cocciniglie, si manifestano con la comparsa di maculature sul retro delle foglie. Osservando si noterà certamente la presenza di questi insetti. Se pochi si possono debellare staccandoli manualmente e passando dell’alcol sulla parte. Diversamente è bene utilizzare un olio minerale attivato con un insetticida possibilmente sistemico
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Ragnetto rosso o giallo si manifesta con un rapido deperimento della pianta e colorazione bronzea delle foglie. Si combatte con acaricidi specifici e aumentando l’umidità ambientale.
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Afidi compaiono sugli apici e si nutrono della linfa, producendo poi melata. Si combattono con insetticidi.