Buon enrico
Il nome botanico di quello che in gergo viene chiamato il Buon Enrico è Chenopodium Bonus-Henricus. E’ una pianta erbacea a volte strisciante che riesce a ramificarsi in maniera esemplare anche se raggiunge un’altezza media di soli 60 centimetri. Le foglie di questa pianta sono caratteristiche perché ondulate ed hanno la tipica forma di una freccia tanto che vengono definite sagittate o astate. Le ricopre una peluria molto fitta che dona alla pianta un aspetto quasi granuloso al tatto e nel caso si tocchi questa pianta, le dita rimangono appiccicose per molto tempo. I fiori del buon Enrico si formano all’interno di una spiga e variano di colore perché a volte sono rossi e altre tendono al verde molto acceso. La fioritura avviene tra Luglio e Settembre.
La pianta nasce spontanea nelle zone montane e submontane ad un’altezza di circa 2000 metri e predilige quei terreni azotati e ben concimati anche se si adatta anche ad altro tipo di terriccio. La troviamo molto spesso presso quelle zone montane dove sono soliti pascolare greggi che lasciano il loro letame che funge da concime organico e in quel terreno, il buon Enrico trova il suo habitat naturale che sarebbe lo stesso della pianta di ortica ed è per questo motivo che spesso la pianta, cresce in consociazione con quest’ultima. Le zone montagnose dell’Italia, sono piene del buon Enrico che spesso troviamo anche sui cigli delle strade. La pianta potrebbe essere coltivata anche in giardini o orti se si volesse usarla a scopo terapeutico. Non troviamo però queste coltivazioni, nelle nostre zone, perché il buon Enrico è una pianta che non è stata mai apprezzata per le sue virtù officinali mentre ne possiede davvero tante.
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Il Buon Enrico non è mai stata una pianta apprezzata in erboristeria ma ha virtù potentissime come antianemico e apporta all’organismo molte vitamine tra cui il ferro. Le sue proprietà terapeutiche, si stanno rivalutando dopo gli studi di esperti delle piante officinali anche se il suo utilizzo è soprattutto quello casalingo. Fin dall’antichità questa pianta era usata per preparare dei composti che lenivano le piaghe o i bruciori intensi dovuti alle scottature. Alcune ricette tramandate di famiglia in famiglia, ancora oggi vengono usate.
Le foglie fresche del Buon Enrico, sono utilizzate per gli accessi dentali o per i foruncoli dai quali esce sostanza purulenta. Anche se poco conosciuta, questa pianta ha delle virtù officinali abbastanza efficaci. Pare però che abbia delle controindicazioni e che l’acido ossalico presente al suo interno, si integri abbondantemente col calcio presente nel sangue che circola nel nostro organismo. Per la collimazione di questi due elementi, si potrebbero formare gli ossalati di calcio che sono la causa principale della formazione dei calcoli renali. E’ preferibile quindi, non usare i composti a base di Buon Enrico, se si soffre di questa patologia. La pianta è emolliente, lassativa e vermifuga. I semi della pianta in infuso, vengono dati ai bambini perché è un blando lassativo inoltre essendo le foglie ricche di ferro, sono adatte a chi ha l’anemia. Dal buon Enrico si ricava un olio chiamato ”essenza di chenopodio”che contiene betalaine.
Gli alpigiani prediligono questa pianta in cucina dove la usano per condire alcune pietanze visto che dona un sapore forte ed intenso simile a quello degli spinaci. Si utilizzano solo le foglie molto tenere ed i germogli e vengono cucinate allo stesso modo degli asparagi. Il potere nutritivo di questa pianta, è molto alto. Nelle zone alpine viene raccolta e soffritta in padella o lessata e condita con olio e limone. Anticamente era considerato uno di quei piatti molto poveri ma oggi è invece apprezzato perché sostituisce il comune spinacio. Le foglie crude tenere, possono essere condite con olio, limone, pepe, sale e gherigli di noce e si prepara così una gustosa e fresca insalata molto nutriente ed appetitosa. I germogli sono apprezzati nei minestroni ne nelle frittate e molte trattorie locali, usano il buon Enrico come specialità . Il “Parüch con la panna nostrana”è una prelibatezza alpina molto conosciuta in quelle zone.
Per preparare un infuso di Buon Enrico come rimineralizzante, bisogna mettere in una tazza 5 grammi di foglie fresche o secche e versare sopra 100 grammi di acqua e poi lasciar riposare per qualche minuto. La cura va fatta quando si ha mancanza di ferro e va continuata per tre mesi.
Per preparare un lassativo, occorre 1 grammo di semi in 100 grammi d’acqua calda. Si lascia riposare per qualche minuto e poi si sorseggia prima di andare a dormire dolcificando la bevanda con del miele grezzo.
Con 5 grammi di foglie fatte bollire per 10 minuti in 200 grammi d’acqua, si possono fare degli impacchi ottimi per le emorroidi.
10 grammi di foglie fatte bollire in 100 grammi di olio, realizzano un composto con cui effettuare dei cataplasmi per le scottature solari e gli eritemi.
Sembra che Enrico IV di Navarra, permise alla popolazione della sua città, di accedere al parco del suo giardino per sfamarsi con le erbe coltivate in questo. La pianta prende il nome proprio da Enrico IV perché i suoi sudditi vollero dedicargli questa pianta come ringraziamento.