Il Melo Cotogno
Il melo cotogno (detto anche pero cotogno) è una pianta della famiglia delle rosacee, il cui nome botanico è cydonia oblonga; si sviluppa in un piccolo albero, di dimensioni che non superano i 4-5 metri di altezza, con una bella chioma allargata, e fogliame caduco. Le nuove foglie primaverili sono pubescenti, ovvero sono ricoperte da una sottile peluria, sono grandi, ovali, e di colore chiaro; a inizio primavera il cotogno produce fiori a cinque petali, di colore bianco, rosato o aranciato, simili a piccole rose semplici. In estate ai fiori seguono i frutti, dei pomi dalla forma tondeggiante o allungata, in genere abbastanza bitorzoluti e disuniformi, che presentano una polpa dura e compatta, immangiabile nei frutti anche se maturi; i frutti di cotogno sono di colore giallo oro, anche se appaiono quasi grigia a causa della peluria sottile che li ricopre, simile a quella delle pesche, salvo per il fatto che appoggia soltanto sulla buccia lucida, e si stacca semplicemente sfregando i frutti con le dita. Il melo cotogno è un albero antico, che ha subito poche modificazioni da parte dell’uomo; sembra che sia una dei primi frutti presenti nel frutteto, e quindi la gran parte delle “mele” di cui si parla in storie, tradizioni e leggende, dovevano essere con buona probabilità delle mele cotogne. Queste mele sono poco coltivate in quanto tali, molto più spesso i cotogni entrano nel frutteto come portainnesti di peri e meli, in quanto permettono di ottenere alberelli più piccoli e più produttivi. Le mele cotogne in Italia sono poco diffuse anche per il fatto che è necessario cuocerle per poterle mangiare; entrano però nelle ricette di moltissimi piatti regionali, e quindi in autunno, quando spiccano dorate tra la vegetazione, è possibile trovarle nei negozi più forniti di frutta particolare.
Nonostante in alcune zone del mondo questa pianta non venga molto coltivata, a causa della sua suscettibilità al colpo di fuoco batterico, in Italia risulta uno degli alberi da frutto di più facile coltivazione; infatti il melo cotogno non teme il gelo invernale, né la siccità ed il caldo estivi, e in genere non viene attaccato dagli afidi, in quanto la peluria presente sui germogli fa preferire agli insetti altri alberi più “disponibili” a farsi colonizzare. Anche i frutti temono poche avversità, visto che la loro polpa di consistenza quasi legnosa li rende abbastanza refrattari agli insetti; solo alcuni lepidotteri depongono le uova direttamente nel fiore, o sui frutticini, causando la presenza di insetti all’interno della polpa. In genere i trattamenti generici che vengono effettuati nel giardino, anche semplicemente un semplice fungicida rameico subito dopo la fioritura, tende a causare una drastica diminuzione dei frutti infestati da bruchi. In ogni caso, anche se intaccate dai piccoli vermetti, le mele cotogne vanno di solito tagliate e cotte, e risulta quindi molto semplice risolvere il problema, anche su alberi molto infestai. In genere la lotta a questi insetti (chiamati carpocapse) viene effettuata partendo dalla cattura degli adulti tramite trappole feromoni che; quando questo metodo di cattura risulta in molti esemplari catturati, è necessario praticare trattamenti insetticidi, o procedere con la lotta biologica. Contro il colpo di fuoco batterico invece il metodo principale di controllo della malattia consiste nell’utilizzazione di piante sane, non soggette alla malattia e prodotte in zone dove tale batterio non è molto diffuso.
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In vivaio possiamo trovare alcune varietà di mele cotogne, che differiscono tra di loro prevalentemente per la forma e le dimensioni dei frutti, e non per particolari resistenze a condizioni di coltivazione avverse; la cydonia ama terreni freschi e non eccessivamente sabbiosi, ma abbastanza ben drenati, senza eccessive quantità di materiale organico. Non ama particolarmente i terreni calcarei, soprattutto se molto compatti. Predilige posizioni soleggiate, ed è consigliabile evitare di posizionare i piccoli alberi a mezz’ombra o all’ombra, per evitare di perdere completamente la fioritura, che necessita di luce solare diretta per presentarsi. In genere si tratta di alberelli robusti, che sopravvivono anche in condizioni estreme, come il gelo intenso o la siccità estiva; chiaro che le gelate tardive possono rovinare la fioritura, e lunghi periodi di siccità estiva possono causare la cascola dei frutti. Quindi, se viviamo in una zona caratterizzata da inverni decisamente molto rigidi, è opportuno trovare per il nostro cotogno una posizione riparata dal veno, come potrebbe essere una aiuola posizionata a sud della casa, ma vicino ai muri perimetrali. Per le problematiche riguardanti la siccità invece, risolviamo con le annaffiature: alberelli adulti di cotogno tendono ad accontentarsi dell’acqua fornita dalle piogge; se desideriamo un raccolto abbondane è bene ricordarsi di annaffiare gli alberi con regolarità, fornendo circa una trentina di litri a settimana (per alberi di buone dimensioni), da aprile fino a settembre. Evitiamo di annaffiare nei periodi piovosi, quando il terreno si presenta sempre umido prima del nostro intervento, e invece annaffiamo più spesso nei mesi estivi, quando il caldo e la siccità perdurano per settimane. L’importante è evitare di lasciare il terreno sempre bagnato o umido per lunghi periodi di temo; quindi se ha piovuto nella settimana, o se il clima si presenta particolarmente freso, possiamo evitare di annaffiare. Nei mesi invernali, quando gli alberi perdono il fogliame, non è necessario fornire acqua, perché si trovano in una condizione di riposo vegetativo.
In autunno e a fine inverno è consigliabile spargere attorno al fusto dello stallatico, o qualche manciata di concime granulare a lenta cessione, per garantire una buona quantità di Sali minerali nel terreno.
I giovani alberi di melo cotogno, che hanno pochi anni, vanno potati per dr loro una forma di allevamento che ci permetta di raccogliere facilmente tutti i frutti, e dia la possibilità alla luce solare di penetrare nella chioma, raggiungendo tutti i futuri frutti; in genere, nei frutteti famigliari, il melo cotogno viene allevato a palmetta, o anche in forma più libera, lasciando che la chioma si espanda, visto che questi alberi risultano molto belli anche da un punto di vista decorativo.
Negli anni successivi come prima cosa si tende a tagliare alla base tutti i polloni basali, che in genere la pianta a produce in buona quantità; oltre a questo si tagliano i succhioni, e tutti i piccoli rami che tendono a svilupparsi verso l’interno della chioma, rendendola confusa e eccessivamente densa. Oltre a questo, a fine inverno, si eliminano tutti i rami rovinati dalle intemperie, o di dimensioni eccessivamente piccole, in quanto poco vitali. In fase di potatura si tende a diminuire la quantità di legno nuovo, accorciando i rami più giovani; ricordiamoci che le pomacee tendono a produrre frutti sui rami disposti orizzontalmente, e in particolare sui rametti piccoli presenti su di essi, chiamati brindilli; al momento della potatura, che si fa in gennaio o febbraio, saranno già visibili le future gemme, e quindi potremo tagliare i rami che salgono verso l’alto, e accorciare parte dei rami orizzontali, lasciando però su di essi una buona quantità di gemme. Ricordiamoci sempre che le piante da frutto producono fiori sui rami vecchi, e quindi potature eccessive vanno a staccare la gran parte delle gemme da fiore, riducendo drasticamente il nostro raccolto. Quindi, quando il nostro cotogno è adulto, le potature di mantenimento saranno contenute, e andranno semplicemente a tagliare succhioni e polloni, per evitare che utilizzino la gran parte della linfa.
Le mele cotogne non sono commestibili appena colte dall’albero; nonostante emanino un forte aroma di mela matura, la polpa risulta veramente molto dura, e il sapore è molto astringente, rendendole del tutto non commestibili. Si utilizzano però cotte. Il risultato della cottura da una purea compatta e densa, molto profumata e aromatica; se cotte intere, la buccia tende a divenire rossastra, dando al composto finale una colorazione molto invitante. Il profumo e la consistenza delle mele cotogne le rende molto spesso utili in composte e confetture di altri frutti, per renderle più profumate e dense; vengono infatti spesso utilizzate come aggiunta nelle confetture di frutti di bosco, di cui esaltano i sapori. Il frutto di mela cotogna è molto ricco in pectina, quindi aggiungendo anche un solo frutto per ogni kilogrammo d altra frutta, rende più semplice preparare la confettura, funzionando da esaltatore del gusto e del profumo, e contemporaneamente da addensante.
In molte regioni italiane esistono ricette tradizionali a base di mele cotogne; nell’Italia del nord si produce ancora oggi la cotognata, che resta comunque un prodotto di nicchia: si tratta di una confettura prodotta con l’intero frutto della mela, comprensivo di buccia e semi; il risultato è un composto granuloso, di colore arancione scuro, tanto denso da poter suddividere la confettura in panetti piuttosto che porla nei vasi di vetro. La cotognata si prepara anche in Sicilia, ottenendo però dei panetti dal colore più chiaro; questo dipende dal fatto che la preparazione viene effettuata in modo differente. Le mele di cotogno sono dure e coriacee, per poterle preparare in confettura è necessario prima spolverarle, per staccare la peluria che le ricopre, e quindi tagliarle a bocconi; si pongono in una capace casseruola e si ricoprono di acqua; si fanno quindi cuocere fino a che sono morbide. Quindi la ricetta siciliana prevede che si frulli tutto, polpa di mele e acqua, e vi si aggiunga pari quantità di zucchero; nella ricetta del nord Italia invece le mele vengono scolate e quindi frullate con pari quantità di zucchero. Il risultato ha sapore molto simile, ma colore diverso. Un tempo, con la scolatura delle mele cotogne, si preparava una aromatica gelatina rossa, o anche uno sciroppo, da bere disciolto nell’acqua. Talvolta, in cottura, si aggiungevano scorze di limone o cannella, per uno sciroppo più aromatico. Il sapore di tale composto è delizioso, purtroppo per chi volesse assaggiarlo è necessario provvedere da soli a prepararlo, perché la cotognata in pani è ancora disponibile in alcune gastronomie, mentre gelatina e sciroppo di mele cotogne sono prodotti tipici della cucina casalinga.
Le mele cotogne vengono utilizzate anche al momento, semplicemente arrostite o scottate in padella, con poco zucchero o anche con una spruzzata di brandy, per un semplice dessert da gustare con una pallina di gelato alla vaniglia. Queste mele entrano anche in ricette salate, nella preparazione di chutney o gnocchetti, ed anche per accompagnare piatti a base di maiale. Anticamente la cotognata veniva preparata anche con l’aggiunta di grani di senape, per ottenere un composto speziato, da accompagnare alle carni bollite durante l’inverno.
Le mele cotogne, oltre ad avere un sapore unico e un aroma incredibile, sono anche dei frutti sani, che dovrebbero venire utilizzati più spesso nella cucina autunnale. Come la maggior parte delle mele, anche le mele cotogne hanno un buon contenuto di vitamine e fibre alimentari; oltre a questo, il sapore astringente è dato alla forte presenza di tannini, il cui consumo è utile per la peristalsi intestinale, ed hanno anche proprietà toniche ed astringenti. Vantano anche un buon contenuto in Sali minerali, tra cui magnesio, potassio e fosforo.
La presenza di fibre, e l’alta percentuale di pectina, rende le mele cotogne cotte leggermente lassative, utili nei casi di scarsa motilità intestinale.
I semi, molto ricchi in pectina, trovano impiego nell’industria della conservazione, in quanto la pectina viene da essi estratta, e utilizzata come addensante in molte preparazioni alimentari, ma anche cosmetiche. Anticamente, il decotto di foglie di melo cotogno, veniva utilizzato contro i parassiti intestinali; in effetti tale decotto è leggermente tossico anche per gli esseri umani, e quindi oggi ne è totalmente sconsigliato l’utilizzo.
In molti vivai troviamo i cotogni (cydonia oblonga) nella sezione alberi da frutto; in un’altra zona del vivaio, dove ci sono i piccoli arbusti da fiore, troviamo spesso un altro cotogno, chiamato cotogno da fiore, o anche cotogno giapponese, o pesco giapponese; in effetti, un tempo questa pianta apparteneva al genere cydonia, e veniva chiamata cydonia japonica; studi recenti hanno avuto il risultato di scoprire che tale pianta appartiene invece ad un genere a se stante, chiamato chaenomeles japonica. Non si tratta quindi né di un melo cotogno, né di un pesco, nonostante i piccoli frutti siano commestibili (possibilmente cotti); questo arbusto decorativo, dalla fioritura molto spettacolare, in quanto avviene prima che la piata produca le foglie, e quindi sul legno nudo e spoglio, era assai presente nei giardini delle nostre nonne, e viene riscoperta solo negli ultimi anni. Il cotogno da fiore è un piccolo arbusto di origine asiatica, senza particolari necessità di coltivazione, ha foglie caduche, e una splendida fioritura a fine inverno; in genere non supera i 40-60 cm d altezza.
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